martedì 10 luglio 2007

Il trading con gli oscillatori

Gli ideatori di oscillatori, quali l’ MACD, l’ RSI, lo Stocastico, ecc. lo fecero con l’idea di riuscire ad anticipare i movimenti dei prezzi e soprattutto i cambi di direzione. Compressero i prezzi mediante algoritmi, stabilendo che quando la curva dell’indicatore raggiungeva un certo punto della scala numerica, quello sarebbe stato il livello piu` idoneo per iniziare o chiudere un trade. Poi si accorsero che fra teoria e pratica ce ne corre, e allora si cominciò a parlare di divergenze, di filtri, di conferme, ecc.
Qualcuno poi, vedendo che anche in quel modo si perdevano soldi ugualmente, provò a tornare ai vecchi principi dettati dai Grandi Vecchi dell’analisi tecnica, ovvero trendlines, medie mobili, supporti e resistenze. Non era certo un passo avanti, ma un miglioramento c’era. Qualcun altro si accorse che anche gli oscillatori, al pari dei prezzi, disegnavano dei modelli riconoscibili, e provò ad usarli diversamente da come erano stati pensati. L’idea era di osservare il loro comportamento raffrontandolo con quello del grafico, e fu allora che si accorsero che le operazioni a piu` basso rischio avvenivano quasi sempre in specifiche situazioni.
Nel grafico sottostante e’ rappresentato il periodo di grande ribasso dell’ S&P500, qui rappresentato a partire dal 2001 fino al marzo 2003. Ho scelto questo periodo, perché comprare in contro-tendenza rende il trading assai rischioso. Tuttavia seguendo poche regole, dettate piu` che altro dal buonsenso, si vedrà come sia possibile trarre profitto dai rimbalzi (movimenti secondari) che man mano si produssero in due anni di ribasso.
Ho usato una MM di lungo periodo (un anno), delle trendlines, e un RSI smussato. A proposito dell’ RSI, essendo l’ S&P500 un indice, ho corretto i valori di allerta sulla scala numerica portandoli a 35 e 65.
Le trendlines tirate sul grafico, trovano conferma in quelle tirate sull’oscillatore, ma attenzione, nel farlo ho ritenuto essenziale che l’indicatore stazionasse in quella che viene definita area d’ipervenduto (o nelle sue immediate vicinanze, piu` o meno sui 40 pt.). In questi frangenti la distanza dei prezzi rispetto alla MM a 1 anno e’ molto lunga, e le probabilità di un rimbalzo di rilievo sono elevate. Per avere conferma a tale strategia, ho tirato delle trendlines nei punti suddetti, evidenziando con delle verticali blu i punti di acquisto, e con verticali rosse i punti di vendita. Ovviamente quando il segnale dell’indicatore e’ “sporco” fa fede il grafico dei prezzi (in particolare quando bisogna chiudere la partita).
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Le operazioni aperte e chiuse sono state quattro. La quinta coincide con l’inversione di tendenza, per cui ho solo accennato il “buy” essendo ovvio che da qui in poi sarà tutto piu` facile.
Il risultato finale e’ stato: +10,08%; +9,30%; +6,63%; +5,34%. Gli ultimi due trades non sono particolarmente remunerativi perché i prezzi non sono riusciti a portarsi a ridosso della MM a 1 anno, che costituiva l’obbiettivo presumibile; comunque va detto che le due operazioni sono durate un mese la prima, e due mesi la seconda. Mentre in questo periodo di due anni i prezzi scendevano da 1350 a 770 (-42,96%), questa semplice metodologia avrebbe consentito un profitto medio di circa il 15% all’anno.


28 giugno 2007

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Cicli e "Cicletti"
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fig.1
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Nel grafico daily del Mini SP/MIB future (fig. 1) sono stati contrassegnati dalle cifre 1 e 2 tanti piccoli cicli di prezzo seguendo una sola logica: ogni punto 1 deve essere superiore al punto 1 che lo precede, e lo stesso vale per il punto 2. Ovviamente l’ 1 sale, il 2 scende.
Questi mini-cicli hanno la caratteristica di essere sorretti da una MM a 50 gg. (blu), tant’e’ che quando questa viene meno al suo compito i prezzi accelerano fino a trovare appoggio nella seconda MM a 1 anno (verde). Nella fase di discesa i numeri invertono, e per distinguerli dalla fase precedenti sono stati contrassegnati da parentesi. L’ultimo punto 1 costituisce il massimo di periodo ed e’ proprio qui che e’ stato posto un nuovo numero (1) a rappresentare l’apice dell’intera serie di cicli. Il punto (2) invece sancisce la fine della discesa: infatti il punto (2) nero, e di conseguenza anche la MM blu, verranno superati originando una nuova serie di piccoli cicli 1-2, che a loro volta creeranno un ciclo piu` grande simile a quello appena visto.
Il ciclo grande e’ iniziato a circa 34500 e terminato a 42500 (+8000 pt.). La correzione si e’ arrestata a 38500 circa (-4000 pt.). La fase (2) ha ritracciato un –50% dell’intero movimento. Dall’osservazione di questo esempio e di altri si vede chiaramente che per salire si impiega un tempo notevole, mentre per scendere pochissimo: nella fattispecie si e’ partiti a giugno 2006 e si e’ arrivati in vetta a febbraio 2007; per toccare il punto (2) e’ bastato solo un mese!
Nell’operatività il trader o, se si preferisce, l’investitore devono tener conto del ciclo su cui operare essendo molto diversi fra loro i due aspetti: nel caso dei cicli di breve, si opererà riferendosi a MM ed oscillatori adeguati; nel ciclo superiore (medio-lungo periodo) si farà la stessa cosa aumentando adeguatamente i parametri di MM ed oscillatori.
Nella fig. 2 e’ rappresentato lo stesso grafico della fig. 1 (rettangolo rosso), ma inserito in un contesto temporale assai piu` vasto (2003-2007), già trattato nell’articolo “Movimenti Primari e Secondari”.

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fig. 2

21 giugno 2007

Movimenti Primari e Secondari



Nel grafico giornaliero del Mini S&P Mib future sono rappresentati all’interno di quattro rettangoli, altrettanti cicli di quotazioni completi, ed un quinto ancora in corso. Sono state aggiunte due medie mobili esponenziali di medio periodo (a 50 e 100 gg.) a supportare il movimento principale, in questo caso rialzista. In fondo al grafico e’ stato aggiunto l’indicatore RSI (di forza relativa) per meglio evidenziare le fasi correttive dei singoli cicli.Dall’osservazione di questi indicatori (MM e RSI) si evince un aspetto molto importante: ogni volta che le MM vengono entrambe tagliate dai prezzi, l’oscillatore cade al di sotto della linea mediana dei 50 pt. fino a formare un minimo non dissimile da quello che di volta in volta compare ad ogni fine-ciclo. Quando poi i prezzi tornano al di sopra delle MM, anche l’ RSI risale sopra la linea dei 50 pt.Nel primo rettangolo notiamo un ritracciamento dei prezzi di circa un terzo del movimento, mentre in tutti gli altri la correzione varia fra un 45% e un 60% del ciclo.Tutti i cicli, incluso quello attuale, possono essere inscritti in un grande rettangolo a mo’ di grande diagonale, che a sua volta (e’ solo questione di tempo) subirà un ritracciamento verosimilmente della stessa entità dei cicli minori che lo compongono: essendo la base a 25000 e l’ altezza a 44000, si e’ avuto durante questo tempo un movimento di 19000 pt. Ciò vuol dire che se si dovesse assistere ad una correzione di questo ciclo più grande, si avrà una discesa di 9000/11000 pt.I movimenti in salita mostrati all’interno dei rettangoli possono definirsi “Primari”, perché s’impongono nel tempo e nello spazio; quelli che li correggono (sempre all’interno dei rettangoli) possono definirsi movimenti “Secondari”, perché percorrono uno spazio più ridotto in brevissimo tempo.Il movimento primario rappresenta quindi la tendenza, quello secondario la correzione. Una volta distinti questi due aspetti e stabilito quale sia la tendenza (e quindi la direzione) in cui ci si trova, la scelta da fare diventa una sola: operare in tendenza e limitarsi solo a questa, infatti si vede chiaramente che la ricerca del movimento secondario, anche quando questo si manifesta, lascia poco spazio e poco tempo alla nuova operatività. In questa caso, pur riconoscendo l’avvento di questa fase in contro-tendenza, e’ preferibile limitarsi a chiudere le posizioni detenute, pronti a riaprirle non appena i prezzi si ri-allineano al movimento primario. In ultimo segnalerei un aspetto singolare del grafico: l’ultimo ciclo, per la verità ancora da completare, mostra un andamento difforme dagli altri, in quanto contraddistinto da un angolo di salita molto ripida percorso in appena tre mesi, e dato il livello raggiunto dai prezzi fa pensare, a ragione o a torto, ad un mercato “non-intelligente”. La vistosa divergenza (negativa) con l’ RSI che ricade in basso senza aver raggiunto l’area di iper comprato e che rimbalza senza aver toccato l’area di iper venduto, aumenta le perplessità sull’immediato futuro dell’indice. Ma al di là di questo, non vi sono per ora elementi sufficienti da indurre a ritenere che il movimento primario sia giunto al capolinea.
10 giugno 2007
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Speculare sullo Yen
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Quello raffigurato nel grafico a barre mensili e’ un periodo di dodici anni di confronto fra Dollaro (USD) e Yen (JPY). Nel periodo precedente, fino ad arrivare agli anni settanta, per un dollaro erano necessari 300 yen. Nel ’95 ne bastavano solamente 85. Attualmente ne occorrono circa 121. Nei venti anni di discesa la moneta americana si e’ prodigata in numerosi ed appetibili rimbalzi, finendo poi col precipitare sempre piu` in basso. Dal 2000 in poi la discesa si e’ arrestata a 100 yen, invertendo la tendenza al ribasso, e confermando la validità di questo supporto anche nel 2004/2005. Dall’inizio dell’anno i prezzi si sono portati al di sopra di un’importante trendline ribassista passante per i massimi del ’98 e del 2002, accennando ad un movimento che potrebbe continuare all’interno di un canale rialzista in formazione. Ed e’ proprio questa ipotesi che fa venire in mente la seguente strategia.
Come si vede dalla grafica i due picchi precedenti sono a 147 il primo, e a 135 il secondo. Quota 135 rappresenta perciò l’obbiettivo ragionevolmente raggiungibile dal dollaro. Le MM a 12 e a
24 mesi transitano rispettivamente a 118 e a 116, mentre il supporto statico piu` recente lo incontriamo a 115.
Proponiamo alla nostra banca o al nostro broker questa operazione:
  • Vendiamo allo scoperto 24.200.000 yen per un controvalore di 200.000 dollari.

  • Col ricavato ($ 200.000) acquistiamo dei T-bonds, che attualmente danno un rendimento superiore al 5%, a garanzia dell’operazione.

  • Attendiamo il tempo necessario al raggiungimento dell’obbiettivo (uno/due anni), durante il quale incassiamo le cedole del T-bond.

  • Chiudiamo l’operazione rivendendo i T-bonds e riacquistando i 24.200.000 yen venduti.
L’operazione e’ appetibile per il basso costo dello yen (circa lo 0,7%) contro l’alto rendimento attuale del dollaro (oltre il 5%). L’operatore economico (banca, sim, broker) con cui si tratteranno costi e commissioni, e’ garantito dal deposito dei T-bonds sul nostro conto titoli, il rendimento dei quali finanzierà le spese dell’operazione.
Se tutto procede secondo il piano prestabilito, ossia che la moneta americana si apprezzi a 135 yen (primo obbiettivo), ne ricaveremmo 2.800.000 yen, ossia 23.000 dollari. Se invece l’operazione fosse perdente lo stop-loss a 118 ci costerebbe 4.900 dollari, a 116 (da preferire) ce ne costerebbe 8.200. Da considerare inoltre che se il dollaro inizia a salire, ovviamente salirà man mano anche il nostro stop, diminuendo cosi` anche il nostro rischio. In sostanza si tratterebbe di destinare una somma compresa fra 4.900 e 8.200 dollari, a seconda del posizionamento dello stop, rischiando di perderla completamente, contro un profitto di tre/quattro volte superiore.


4 giugno 2007
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Conviene investire sul Giappone?
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Prima di dare una risposta, vediamo quello che e’ successo in passato.
Nel grafico a chiusure mensili del Nikkei 225, l’indice ufficiale giapponese delle bluchips, e’ rappresentato l’evolversi dei vari momenti in cui le quotazioni di questo indice hanno registrato alti e bassi particolarmente rilevanti, ma quello che salta di piu` all’occhio, e’ il lunghissimo periodo ribassista trascorso, che ha visto il Nikkei scendere dal top del dicembre ’89 di oltre 39.000 pt. al minimo di 7.600 pt. dell’aprile 2003, con una perdita secca del -80%. Solo nel 1929 accadde di peggio, almeno per quanto concerne un importante e moderno paese.
Tutto e’ cominciato all’apparire del piu` funesto dei modelli ribassisti: il testa e spalle. Questa figura e’ caratterizzata da tre picchi di prezzo (S-T-S), di cui quello centrale e’ il piu` alto (la testa). Essi poggiano tutti e tre sullo stesso supporto detto neck-line (linea del collo). La configurazione e’ completata quando i prezzi bucano la neck-line, e l’obbiettivo si colloca quasi sempre molto piu` in basso di quanto si possa realisticamente supporre. Ciò fa di questa figura il modello ribassista piu` devastante fra quelli conosciuti, e quello che e’ accaduto in seguito ne e’ la dimostrazione. Per quasi tutti gli anni novanta i vari tentativi di recupero si sono arrestati in prossimità della vecchia neck-line, fino al tonfo finale che condusse i prezzi al suddetto minimo di 7.600. Da lì e’ ripartito un nuovo trend al rialzo, tuttora in corso, iniziato con lo stesso modello che lo aveva condotto a tale devastante risultato: il testa e spalle. Ma stavolta contraddistinto da caratteristiche opposte: infatti si tratta di un testa e spalle rovesciato, ovvero rialzista.
Questa figura speculare a quella esaminata e’ cosi` potente, che i suoi effetti sono giudicati addirittura superiori al modello ribassista. A giudicare dal movimento in atto che sta dando luogo al primo impulso al rialzo, se ne vedranno delle belle. Ciò non vuol dire che non si assisterà a correzioni di rilievo, tutt’altro; ma alla fine i prezzi segneranno quotazioni tali da ridicolizzare quelli che ora paiono livelli irraggiungibili. Attenzione pero`, occorreranno diversi anni affinché quanto detto possa affermarsi; infatti sono gia` passati quattro anni e si e’ solo alla fase iniziale.
Il segnale d’inversione della tendenza principale e’ avvenuto al superamento della neck-line a quota 12.000, e confermato da altrettanto superamento della trendline ribassista tra le piu` lunghe che io ricordi (sedici anni), piu` o meno attorno allo stesso livello (12.500). Sul grafico sottostante, semi-logaritmico, il break-out della trendline avviene invece sui 14.000 pt. poiché esso tende ad enfatizzare i valori bassi e a ridimensionare quelli alti: in sostanza mostra il percorso dei prezzi basandosi sulle percentuali, diversamente da quello a scala aritmetica.
La colorazione del grafico, verde e rossa, e’ quella di un Sistema Esperto (Trading System) che opportunamente valuta la convenienza ad acquistare o vendere l’ Indice: come si vede, la sua puntualità nei segnali e’ sorprendente.
Per tornare alla domanda che ha aperto questo articolo, la risposta non può che essere una sola: altroché! Tuttavia va ricordato che l’investimento in azioni o negl’indici si deve valutare nel lungo periodo. Non a caso i Fondi Pensione americani investono una buona fetta del loro capitale su questi strumenti. Se il rapporto Premio/Rischio (R/R = Reward/Risk) del maggior indice azionario giapponese non fosse considerato favorevole da gestori ed economisti, potrebbero Fondi controllati dallo Stato americano prendersi simili rischi? Inoltre la diversificazione di questi prodotti e l’investimento periodico con piccole cifre, consentono di affrontare periodi anche molto lunghi, alla fine dei quali i risultati non potranno mancare. Se poi a questo si aggiunge la possibilità di utilizzare un Sistema simile a quello utilizzato in questo studio, che taglia le perdite e lascia i profitti, il risultato lo si può valutare da soli.
Nello scorso novembre i prezzi hanno superato anche l’ultima importante trendline ribassista passante per i 16.500 pt. La quotazione attuale e’ sui 18.000: manca solo l’ultimo test sull’area 21.000/22.500, che rappresenta lo zoccolo duro della formazione, ma che se superato aprirà la strada ai 39.000 pt.
Un esempio pratico dei risultati ottenibili su quest’indice con un Sistema Esperto? Eccolo:
Nella parte che va dal ’93 al 2000 i prezzi oscillano mediamente fra 15.000 e 21.000; i rendimenti piu` significativi sono quelli fra il ‘95/’96 (oltre il 10%) e fra il ‘99/’00 (circa il 25%), che se sommati avrebbero reso mediamente un 4% all’anno; tuttavia non li consideriamo. Posto che la fase iniziale del rialzo giapponese fosse cominciata dal punto che appare nel grafico, a quota 10.000 nel 1984, e che fossimo usciti su segnale dell’ Esperto a 37.000 nel 1990, avremmo incassato un profitto del +270%. Nel 2003 l’ultimo segnale ci giunge a quota 8.400, e attualmente siamo ancora investiti mentre il Nikkei segna 18.000 pt. (+114%). Se avessimo rischiato 10.000 euro nel 1984, ne avremmo ricavati altri 27.000. Se avessimo posto tutti i 37.000 euro sull’ultimo segnale del Trading System, il nostro saldo attuale sarebbe di 37.000 + 42.180 = 79.180 euro. Dopo ventidue anni, di cui 2/3 al ribasso, il nostro investimento avrebbe reso in media il 36% all’anno (ovviamente non si tratta di interesse composto).

25 maggio 2007
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S&P 500




La rottura della trendline di breve periodo da parte dell’indice americano di per se stessa non costituisce un elemento di particolare rilievo, perché una “performance” di circa il 10% in un mese, rispetto al minimo precedente, necessita ovviamente di un ridimensionamento. Oltretutto la MM piu` significativa, quella intermedia, e’ per ora intatta. Ciò che invece lascia qualche perplessita` e’ che questo avvenga proprio a contatto con la massima resistenza, che per quattro volte consecutive ha respinto i prezzi. Le prime tre volte, l’arretramento a contatto di questa importante area, e’ avvenuto in sedute contraddistinte da volatilità molto contenuta, tipica dei momenti in cui le decisioni sono incerte, finché il quarto giorno si sono rotti gli indugi e il mercato ha deciso di stornare. La trendline di medio periodo che corre piu` in basso, come si vede e’ abbastanza lontana, ed e’ quella che eventualmente dovrà essere considerata, prima di parlare di inversioni di tendenza. Allo stato attuale, e procedendo per gradi, le possibilità nel breve periodo sono due, ma molto simili fra loro:
  1. I prezzi si arrestano sulla MM intermedia (a 1500 pt.) e poi riprendono a salire.

  2. I prezzi scendono fino al supporto a 1491 (minimo precedente) e da lì rimbalzano.
Lo spazio tra i livelli indicati e’ minimo, tuttavia diverso e’ il significato che li contraddistingue. Nel primo caso avremmo una normale continuazione del trend in corso; nel secondo, un vero test del supporto a seguito della rottura della MM intermedia; detta rottura, come sempre in analisi tecnica, determinerebbe un fattore rilevante nell’ambito dell’analisi stessa. L’ipotesi numero due, infatti, lascerebbe intravedere la possibilità di formazione di un modello ribassista assimilabile ad un testa e spalle (con testa in formazione), ma diciamolo chiaramente: questo fatto avviene sistematicamente ogni qualvolta i prezzi correggono: se questi giungono fino al supporto, tutti vedono la “testa” del modello citato. In questo caso pero` tale preoccupazione e’ dovuta al fatto che i livelli raggiunti possano evidenziare una pericolosa figura di doppio massimo, noto modello ribassista.Elementi di non-tenuta del supporto di 1491 attualmente non s’intravedono; diversamente appare piu` probabile l’aprirsi di una fase laterale, salutare per smaltire gli eccessi.La cosa certa, aldilà del verificarsi di una o l’altra delle due ipotesi, e’ che l’angolo di salita dei prezzi ne esce ridimensionato, e se l’inclinazione dovesse abbassarsi troppo, anche la forza di penetrazione per sfondare la massima resistenza potrebbe rivelarsi insufficiente. Il TS resta impostato al rialzo. La settimana entrante dovrebbe essere sufficiente a chiarire i due punti discussi.
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