giovedì 26 aprile 2007

La Teoria di Dow

Introduzione

Charles Dow è considerato il padre dell'analisi tecnica. Fu lui il primo a pubblicare tra il 1900 e 1902 sul The Wall Street Journal una serie di articoli che poi hanno costituito la base per la stesura della "Teoria di Dow" pubblicata nel 1936, dopo la sua morte, ad opera di Robert Rhea e W.P.Hamilton.
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La Teoria
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Dow usava il comportamento del mercato azionario quale barometro dello stato dell'economia piuttosto che come base per formulare delle previsioni sui prezzi di mercato. Una delle assunzioni di base della sua teoria è che la maggioranza delle azioni segue per buona parte del tempo la sottostante tendenza del mercato. Fu per questo che per misurare il mercato costruì due indici:

  • il Dow Jones Industrial Average ossia l'indice dei titoli del settore industriale che allora comprendeva 12 titoli ed oggi ne comprende 30;
  • il Dow Jones Rail Average ossia l'indice dei titoli del settore dei trasporti che allora comprendeva 12 titoli delle ferrovie.

Dow di certo non se lo aspettava, ma il primo indice, oggi conosciuto genericamente come il "Dow Jones" è diventato l'indice di riferimento dei mercati mondiali e simbolo dell'economia e del benessere americano, quasi più del dollaro! Solo oggi, il mercato delle aziende tecnologiche, il Nasdaq ha affiancato il Dow Jones come indice guida del mercato azionario.
Il secondo indice, invece, con l'evoluzione dei trasporti, ha cambiato denominazione ed oggi è chiamato Dow Jones Transportation Average includendo titoli delle società che operano nei diversi settori dei trasporti.

I sei principi fondamentali della teoria

1) Gli "indici" scontano tutto.
Nei prezzi si riflette tutto, convinzioni, emozioni, notizie e previsioni degli operatori. Anche un fattore esogeno, come una calamità naturale del tutto imprevedibile, viene velocemente valutata e incorporata nei prezzi, di modo che le sue implicazioni risultino subito scontate.
Si tratta di un processo continuo che porta ad una costante rivalutazione del presente e previsione del futuro. Tutto ciò si manifesta nelle continue oscillazioni dei prezzi. Gli indici di borsa sintetizzano l'andamento dei prezzi del complesso delle azioni risultando molto affidabili come indicatori del trend generale. Dallo studio di questi Dow cercò di capire la probabile evoluzione futura del ciclo economico.

2) Il mercato ha tre tipi di movimento:
movimento primario;
movimento secondario;
movimenti minori;

Movimento primario

Può durare da meno di un anno a diversi anni e può essere rialzista (toro) o ribassista (orso). Ogni trend primario poi ha tre fasi. Iniziamo da un mercato toro.

Accumulazione

Nella prima fase di un mercato toro si è appena usciti da una fase di calo o di ristagno economico e scontate le peggiori notizie, torna la fiducia tra gli operatori. Gli investitori più accorti incominciano a comprare a prezzi molto bassi per poi aumentare gradualmente gli acquisti man mano che il volume delle vendite tende a diminuire. Il trend gira deciso al rialzo ma con cautela.

Espansione

Sopraggiunge una seconda fase in cui si realizza una vera e propria ripresa economica. In conseguenza del migliorato clima generale, i titoli continuano a salire e i volumi ad aumentare poiché durante questa seconda fase, l'insieme dei piccoli risparmiatori si accoda al trend rialzista ed aumenta la pressione d'acquisto.

Speculazione

Viene così la fase finale del mercato primario toro. La terza fase è segnata dall'eccesso di fiducia degli investitori, le notizie meno buone si sottovalutano e le quotazioni raggiungono valori folli scontando utili e buone notizie dei prossimi 10 o 20 anni! Il mercato toro è teoricamente finito e una netta inversione di tendenza diventa ogni giorno più probabile. Si raggiunge un eccesso di speculazione che nella peggiore delle ipotesi può anche culminare in una "grande bolla speculativa" dal cui scoppio deriva il classico "crollo di borsa". Bolla o non bolla, segue un mercato "orso". Si compone anch'esso di tre fasi.

Distribuzione

Nella prima fase di un mercato orso gli investitori più esperti alleggeriscono le proprie posizioni perché il rischio degli investimenti diventa non più accettabile e le quotazioni non più giustificate su basi fondamentali. Il grande pubblico, invece, preso dall'euforia continua a comprare in vista di facili guadagni. Il volume degli scambi è elevato, ma tende a diminuire durante i brevi movimenti di correzione. Inizia a sentirsi nell'aria la mancanza di fiducia degli investitori. Se non si esce in fretta, l'illusione dei facili guadagni diverrà presto la realtà di veloci perdite.

Ribasso

La seconda fase inizia quando all'incertezza subentra il pessimismo e poi la paura che infine diverrà panico. In questa fase si verifica realmente il declino dell'attività economica e dei profitti. Il mercato azionario continua la sua discesa data l'assoluta mancanza di prospettive.

Panico

Nella terza ed ultima fase la caduta dei prezzi diventa pressoché verticale e i volumi raggiungono livelli elevatissimi. Le azioni sembrano cartastraccia, ogni giorno perdono sempre più valore. Solo quando tutti i fattori fondamentali e psicologici che hanno determinato il ribasso sono stati scontati nei prezzi, il mercato orso può considerarsi finito e un nuovo ciclo può ricominciare.

Movimento secondario

Può durare da tre settimane a molti mesi. Si verifica nell'ambito di un trend primario e rappresenta la cosiddetta "correzione", cioè un'inversione di tendenza di una certa durata, nell'arco della quale le quotazioni indietreggiano del 33-66% rispetto alla precedente variazione del trend.

Movimenti minori

Possono durare da qualche giorno a due-tre settimane al massimo. Hanno scarso valore previsionale per il lungo termine, anzi distolgono dalla giusta previsione. Sono gli unici dei tre movimenti che possono essere manipolati dalle "mani forti".

3)Movimenti orizzontali
Alle fasi di trend si alternano i movimenti orizzontali. Si tratta di movimenti secondari in cui i prezzi oscillano in un intervallo di pochi punti percentuali. Evidentemente la pressione dei compratori e dei venditori è quasi in equilibrio. Tale movimento può indicare sia:
Accumulazione, cioè le mani forti del mercato, essendo ben informate sulle prospettive future comprano le azioni gradualmente ben accorti a non far salire il prezzo. Tale fase sarà seguita da una tendenza al rialzo.
Distribuzione, cioè le azioni vengono giorno dopo giorno cedute dai "forti" alle "mani deboli" e quindi tale fase sarà seguita da una tendenza al ribasso.

4) Le relazioni tra prezzo e volume
Per valutare la "salute" del mercato si guarda l'andamento del prezzo e quello del volume che lo accompagna. La regola generale è che queste due variabili devono andare nella stessa direzione, ossia il volume deve confermare il trend. Pertanto, un trend al rialzo vuole volumi crescenti nelle fasi rialziste e decrescenti nelle correzioni. Un trend al ribasso, invece, vuole volumi crescenti, ma per lo più stazionari nelle fasi calanti e volumi bassi nelle correzioni.
Se per far salire le azioni ci vuole il carburante, cioè i soldi, per farle scendere basta il loro peso.
Una divergenza tra prezzo e volume segnala una probabile inversione di tendenza, o comunque, non piena affidabilità del movimento in atto.

5) L'andamento del prezzo determina il trend
Una volta individuata una tendenza, si assume che questa continui finché non sono evidenti i segnali della sua inversione.
The trend is your friend dicono gli americani, cioè il trend è tuo amico e non bisogna mai andargli contro. Un trend è, come abbiamo già detto, composto da impulsi verso la direzione primaria e correzioni nella direzione opposta e di ampiezza minore. Un trend rialzista sarà perciò caratterizzato da una successione di massimi e minimi crescenti.
Un trend ribassista da origine ad una successione di massimi e minimi decrescenti.
Un trend può essere anche orizzontale, nel qual caso i massimi e minimi risultano pressoché allineati. Per capire l'evoluzione futura del trend è importante individuare in quale delle tre fasi del trend ci si trova.

6) Gli indici devono confermarsi a vicenda
Qui il ragionamento è più economico e di natura fondamentale. Se il mercato, rappresentato dai suoi indici (industriale e dei trasporti), è un barometro delle future condizioni dell'economia, in un'economia in espansione gli investitori devono offrire prezzi crescenti sia per le società che producono merci, sia per quelle che le trasportano. Un'economia nella quale le merci si producono ma non si vendono (cioè non vengono spedite al mercato) non è sana ed è destinata ad andare in crisi.
Affinché il mercato possa considerarsi in salute ed il suo rialzo affidabile è necessario che i due indici inventati da Dow si confermino reciprocamente. Il rialzo dell'uno deve essere accompagnato dal rialzo dell'altro.
Produzione e trasporto (propedeutico alla vendita) devono andare di pari passo, se così non è, qualcosa non sta funzionando. Una divergenza dei due indici è perciò da considerarsi come pericoloso segnale di allerta per il futuro andamento del mercato e dell'economia.

Conclusione e critiche alla teoria

Questa è la teoria. E' ancora valida? Certo ed è attualissima, se la si inquadra nella sua giusta dimensione. La teoria di Dow non serve a individuare l’ampiezza e la durata di un trend, ma solo la sua esistenza e direzione. Non solo. Serve anche ad avere dei segnali circa l'esaurimento del trend.
La critica che spesso viene fatta alla Dow Theory è il ritardo con cui avvengono i segnali di inversione del mercato, a volte anche un 20-25% sotto il punto di massimo o sopra il punto di minimo. E' vero, ma l'errore sta nella finalità previsionale che gli si vuole attribuire. La teoria di Dow è utile per interpretare le tendenze di lungo periodo e deve essere seguita per interpretare un quadro che ogni giorno si compone.